Problem solving e pensiero laterale
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un’espansione accelerata dell’uso delle tecnologie digitali che ha rivoluzionato il tradizionale mondo del lavoro e compromesso il futuro di tanti lavori per i quali si riteneva insostituibile l’apporto dell’uomo. Chiunque può verificare la diffusione di casse automatiche nei supermercati e ai caselli autostradali, mentre si propaga nelle imprese l’utilizzo di calcolatori e software capaci di eseguire con affidabile velocità il lavoro di tante persone.
Cambia, inevitabilmente, il
paradigma: alla tecnologia vengono affidati compiti, mansioni e interi “pezzi”
del processo lavorativo e poiché la tecnologia e la scienza sono inarrestabili,
rimane interessante capire che l’uomo può conservare il suo primato e la sua
insostituibilità solo attraverso la creatività.
Il talento creativo, altro non è che
la capacità con cui il problema viene affrontato ed effettivamente risolto. La
creatività, infatti, misura il grado soggettivo di diversità, di originalità e di innovazione
con le quali l’uomo, attraverso le intuizioni e le idee, domina, rinnova e crea
macchine.
Ma la creatività si può
apprendere? Certe persone
sembrano naturalmente dotate di una fervida immaginazione mentre altre hanno
bisogno di allenamento, ma tutte sono creative. Tutti i bambini iniziano il loro
viaggio nella vita con un potenziale incredibile di curiosità, di domande, di desiderio
di conoscere il mondo e se stessi attraverso il gioco. Un “dono” originario spesso
intaccato se non addirittura cancellato dalle pratiche educative convenzionali utilizzate
fin da quando i bambini incontrano la scuola.
La struttura del sistema
formativo scolastico non sempre aiuta a mantenere e ad accrescere la creatività;
essa si fonda sul principio che la cultura e il sapere siano basati su di un
pensiero lineare e critico. Il cervello, infatti, funziona in modo verticale:
le reti nervose consentono automaticamente alle informazioni in arrivo di
organizzarsi in una sequenza di dati, che diventano modelli di riferimento. L’uomo,
in concreto, pensa, analizza e critica in base alle sue esperienze e
continuamente organizza e ristruttura il mondo in relazione ai modelli precedentemente
salvati e immagazzinati.
L’abitudine al continuo riordino
e aggiornamento dei modelli mentali, consente di gestire prontamente e con
rapidità le diverse, variegate situazioni che la vita propone. Ciò,
evidentemente, non sarebbe possibile se l’uomo si costringesse ad analizzare ex
novo ogni accadimento prima di assumere decisioni. L’emisfero sinistro del
nostro cervello è demandato a questa funzione, a ricercare le “scorciatoie” che
aiutino a trovare soluzioni nel più breve tempo possibile, senza spreco di energie.
Per fare questo, nella maggior parte
dei casi il cervello si affida alle euristiche, ossia al riporto
veloce ad un concetto affine già
sviluppato in precedenza. Le euristiche sono, dunque, espedienti
mentali che portano a conclusioni veloci con il minimo sforzo cognitivo. Tuttavia, di fronte a problematiche complesse o
effettivamente nuove, le euristiche non possono rappresentare l’unica
risposta giusta perchè rischiano di alimentare i cosiddetti bias cognitivi, ossia quelle soluzioni
fondate su percezioni errate o deformate, su pregiudizi e
ideologie. I bias cognitivi, infatti, utilizzati spesso per
prendere decisioni in fretta e senza fatica, rischiano di impattare nella vita
di tutti i giorni, sulle decisioni, sui comportamenti e anche sui processi di
pensiero.
Esistono diverse
tipologie di bias e riconoscerli è importante per aprirsi al pensiero
laterale. Le problematiche complesse non si possono risolvere con soluzioni
scontate. In tal caso, il cervello ha bisogno di un altro tipo di pensiero, che
non proceda in maniera lineare ma che al contrario si serva di salti o di
domande apparentemente assurde per riuscire a trovare nuove soluzioni.
Ad occuparsi del pensiero
laterale (lateral thinking) è stato uno psicologo maltese: Edward De
Bono che lo ha definito come la deviazione dai modelli concettuali abituali che
si seguono nel pensiero normale.
Il pensiero laterale è un
modo diverso di approcciare le problematiche, esso prende a riferimento il metodo
euristico ma lo coniuga con l’arte del dubitare, propria dello scetticismo
filosofico. Il pensiero laterale, dunque, conserva la sua natura intuitiva ma si
completa con il pensiero critico di base per uscire fuori dagli schemi che,
perciò, è necessario riconoscere.
L’adozione del pensiero laterale
impone che ci si ponga sempre la domanda su cosa si sta dando per scontato: una
domanda fondamentale, propedeutica alla soluzione della problematica.
Di certo, non è possibile risolvere
nuove problematiche rifugiandosi in vecchi schemi. Per affrontare le nuove
sfide non è più sufficiente servirsi unicamente del “passato”.
Le aziende che meglio stanno
affrontando questo periodo di crisi, sono quelle che hanno applicato nuove
strategie di problem solving, che hanno messo in discussione modelli e
strumenti consolidati e considerati perfetti per la loro efficacia fino a qualche
tempo prima. Le aziende che si ostinano a risolvere i nuovi problemi utilizzando
le vecchie strategie, difficilmente riusciranno ad affrontare con successo il
futuro.
Facebook, Instagram, Microsoft,
What’sapp, Google, ovvero i colossi contemporanei che hanno portato a una
rivoluzione digitale e sociale negli ultimi anni, sono nate da un’idea di
pensiero laterale, affrontano le loro sfide inserendo la creatività nell’elenco
delle competenze sfruttandone appieno la potenzialità.
E nell’ambito delle Risorse
Umane c’è tanto bisogno di pensiero laterale:
perché aiuta a scegliere meglio
un candidato, ad approfondire tutte le possibilità prima di prendere una
decisione;
perché permette di rendere
efficace un percorso formativo e di ragionare per obiettivi rispettando tutte
le creatività presenti all’interno dell’impresa;
perché consente di valorizzare
appieno le risorse.
Il pensiero laterale può essere allenato
anche divertendosi attraverso delle storie, alcune delle più famose sono
entrate a far parte anche dei processi di selezione di molte aziende
concorrenziali.
Per risolvere queste storie
bisogna riconoscere i nostri bias e lasciarli da parte, cercando una
soluzione attraverso la creatività e l’intuizione. La regola generale è quella
di fare tantissime domande chiuse (che prevedano un “si” o un “no” come
risposta), fino ad avere le informazioni giuste per ipotizzare la soluzione.
Ne scrivo una qui, breve per divertirci
insieme anche con i commenti:
Un uomo abita al decimo piano
di un palazzo. Quando rientra la sera, sale con l'ascensore fino al
settimo piano e fa il resto delle scale a piedi. Quando piove, invece,
arriva con l'ascensore fino al decimo piano. Perché?
Datemi le vostre soluzioni, io vi
dirò se sono giuste o meno.
Enrica Fiore
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